Selim I, Sultano Ottomano di Turchia (Amasya, 1470 circa – Çorlu, 22 settembre 1520)
Selim I ricorre scarsamente nelle cronache occidentali e resta uno dei più sconosciuti tra i sultani del periodo espansionistico dell’Impero Ottomano. Eppure fu forse il più capace comandante militare della stirpe di Osman e sicuramente il più grande dei sultani in quanto a quantità di territori aggiunti all’impero, malgrado abbia regnato per soli 8 anni.
Selim salì al trono con la violenza guadagnandosi subito il soprannome con cui è passato alla storia. Figlio più giovane del mite Bayezid II non era destinato al trono per il quale il padre favoriva il figlio primogenito Ahmed. Selim si ribellò al padre e, sebbene inizialmente sconfitto, riuscì nel 1512 a prevalere, costringendo il padre all’abdicazione e all’esilio a Demotika, località che Bayezid non riuscì neppure a raggiungere poichè durante il viaggio morì. Selim si rivolse poi contro i fratelli, Ahmed e Korkut, e nel giro di un anno li mise entrambi a morte, inaugurando una tradizione che sarebbe durata a lungo tra i principi ottomani.
Selim è noto per l’espansione dell’impero ottomano a est. Dall’inizio del secolo l’Impero Ottomano doveva confrontarsi, nell’Anatolia orientale, con una setta musulmana sciita, i Qizilbashi, e con il suo leader, Ismail, che in pochi anni era riuscito ad imporsi ai vari piccoli potentati turcomanni che occupavano l’Anatolia orientale, l’odierno Azerbajian, la Mesopotamia e la Persia. Ismail era riuscito in pochi anni a costituire un’entità statale ed aveva assunto il titolo di Shahanshah, re dei re, di Persia: fu il capostipite della grande dinastia persiana dei Safavidi. Selim, alla testa di un impero dove l’islam praticato era sunnita, vedeva ovviamente la nuova creatura ad est come una minaccia, e non perse tempo nell’attaccarla. L’esercito ottomano, guidato da Selim, attaccò la Persia e i due eserciti si scontrarono nella grande battaglia di Chaldiran del 23 agosto 1514. Non è ben chiaro chi avesse la superiorità numerica, certo è che i due eserciti dovevano essere di dimensioni allora sconosciute in occidente, nell’ordine delle decine di migliaia di uomini ciascuno. L’esercito persiano era estremamente agguerrito ma era composto soprattutto di cavalleria mentre gli Ottomani avevano dalla loro un elevato numero di armi da fuoco, cannoni e archibugi di cui erano provvisti i giannizzeri. E le armi da fuoco decisero la giornata, costringendo i Persiani alla fuga con enormi perdite. Vinta la giornata Selim si spinse ancora ad est, conquistando il 7 settembre 1514 la stessa capitale persiana di Tabriz ma qui fu sostanzialmente costretto a fermarsi a seguito delle minacce di ammutinamento dei giannizzeri che non volevano spingersi più ad est. Fu questa la prima ricorrenza del problema che si ripresenterà in futuro in ogni campagna ottomana verso est, in cui gli eserciti spinti a combattere contro altri musulmani non dimostrarono lo stesso spirito ed impegno che avrebbero dimostrato contro i cristiani ad ovest. Ad ogni modo la campagna di Chaldiran diede all’Impero Ottomano l’Anatolia orientale e la Mesopotamia settentrionale. Questi territori sarebbero stati in seguito contesi con i Safavidi e i loro successori nei secoli successivi.
La seconda grande impresa per cui Selim passò alla storia venne subito dopo. Un altro grande stato musulmano contendeva all’Impero Ottomano il primato nel vicino oriente e questo era il Sultanato Mamelucco d’Egitto. Questo stato, nato durante le Crociate, comprendeva l’Egitto, la Palestina, la Siria e la penisola arabica, con le città sante della Mecca e di Medina. A differenza dell’Impero Ottomano, tuttavia, aveva esaurito da tempo la sua spinta espansiva, pur rimanendo una potenza di prim’ordine. Anche qui tuttavia, vi era una sostanziale differenza tra l’esercito ottomano, forse la più potente macchina bellica del tempo, e un grande esercito, quello mamelucco, ancora composto da orde di cavalieri con pochissime armi da fuoco. Le operazioni militari iniziarono in Cilicia e proseguirono in Palestina, con una serie di vittorie ottomane a Marj Dabiq nella Siria settentrionale, il 24 agosto 1516 (dove cadde il sultano mamelucco Qansuh Al-Ghuri) e a Yaunis Khan presso Gaza, il 28 ottobre. Selim valicò il Sinai ed entrò in Egitto mentre il nuovo sultano mamelucco, Tuman Bay II, cercò disperatamente di riorganizzare le proprie forze procurandosi armi da fuoco. Si combattè alla fine a Ridaniya, alle porte del Cairo, il 24 gennaio 1517, e fu una nuova grande vittoria ottomana. Gli Ottomani presero Il Cairo e la misero a sacco mentre il sultano Tuman Bay, catturato a Giza, fu impiccato alle porte della città. Selim inizialmente si mantenne fedele al proprio soprannome, massacrando l’élite mammelucca in un bagno di sangue. Tuttavia in seguito ai mammelucchi rimasti fu permesso di rimanere sottoposti agli Ottomani e questo stato di caso sarebbe rimasto di fatto sino alla Campagna d’Egitto di Bonaparte.
Con la conquista del sultanato mamelucco Selim aveva reso l’Impero Ottomano una stato immenso, avendo quasi raddoppiato il proprio territorio ed entrò di diritto tra i grandi conquistatori della storia. Ma due importanti conseguenze derivarono da queste conquiste: l’Impero mise piede in Africa, e di lì a poco si sarebbe imposto in Libia e nel Maghreb, appoggiando pirati e corsari come Hayreddin Barbarossa; acquisì la penisola arabica e con essa i luoghi sacri dei musulmani e i conflitti commerciali con i Portoghesi nell’Oceano Indiano.
Selim poco sopravvisse alle sue grandi conquiste, che prepararono lo zenith dell’impero sotto il suo figlio e successore Solimano il Magnifico. Morì di morte naturale nel 1520.
Per approfondire:
Noel Barber, I signori del Corno d’Oro (trad.ital.), Milano, 1973
Rhoads Murphey, Ottoman Warfare 1500-1700, Londra, 1999
Stanford J Shaw, History of the Ottoman Empire and Modern Turkey, Vol.I, Empire of the Gazis, Cambridge, 1976
Mesut Uyar; Edward J. Erickson, A Military History of the Ottomans. From Osman to Ataturk, Santa Barbara, CA, 2009