“It cam wi’ a lass and it will gang wi’ a lass!” (Venne con una ragazza, e con una ragazza se ne andrà!) Queste furono le parole che John Knox, il creatore della Chiesa di Scozia, attribuì al morente Giacomo V quando seppe che la moglie, Maria di Guisa, aveva dato prematuramente alla luce, l’8 dicembre 1542, nel palazzo di Linlithgow, una bambina, cui fu imposto lo stesso nome della madre. Il 14 dicembre Giacomo V morì e la bambina divenne Maria I regina di Scozia, Maria Stuarda. Non si sa se la frase sia stata o meno effettivamente pronunciata ma in ogni caso re Giacomo fu profetico.
Maria passò la maggior parte della sua giovinezza lontano dal paese, in Francia, mentre la Scozia fu dilaniata dal conflitto tra i sostenitori della riforma protestante e la reggente Maria di Guisa, strettamente cattolica e forte dell’appoggio francese. Alla fine i protestanti ottennero l’appoggio militare inglese, Maria di Guisa morì e la Riforma divenne ufficiale in Scozia nel 1560, in quella particolare forma che prese il nome di Presbiterianesimo. Maria nel frattempo aveva fatto in tempo a diventare regina di Francia nel 1559, quale moglie felice del giovane Francesco II, e infine a restarne vedova l’anno successivo. Decise quindi di rientrare in Scozia ove regnò direttamente per sette anni. Ella, cattolica, accettò la religione riformata, e in realtà quasi nulla fece per contrastarla; ma, ciononostante, divenne il bersaglio preferito dei predicatori protestanti, primo tra tutti il famoso John Knox. Con lei la linea reale degli Stewart si sarebbe estinta, poiché l’erede era il conte di Arran della famiglia Hamilton. Maria tuttavia sposò in seconde nozze Henry Stewart, Lord Darnley, appartenente ad una linea cadetta della famiglia, quella dei conti di Lennox, che tracciava le proprie origini al 4º Gran Maggiordomo di Scozia, Alessandro, morto nel 1283. Da questo matrimonio nacque nel 1566 un figlio, Giacomo, per cui agli estinti Stuart successero ancora degli Stuart (un po’ come i Savoia-Carignano con i Savoia, anche se in questo caso la responsabilità fu della legge salica). La storia a questo punto diventa nota. Marito e moglie divennero l’un contro l’altro armati, Lord Darnley fu ucciso e Maria sposò, in circostanze oscure, il conte di Bothwell, probabile assassino del marito. L’intollerante Scozia protestante si ribellò contro la regina che nel 1567 fu deposta mentre il figlio neonato veniva elevato al trono come Giacomo VI. L’infelice donna fuggì in Inghilterra cercando rifugio presso Elisabetta I ma così facendo sigillò il proprio destino. Vantando dei diritti alla corona inglese divenne il campione dei cattolici che cospiravano contro la protestante Elisabetta; complice o meno Maria era una minaccia per il trono e fu imprigionata per vent’anni sino a perdere finalmente la testa nel castello di Fotheringay l’8 febbraio 1587.
Giacomo VI (1567-1625) venne educato nella religione riformata e una volta maggiorenne mirò immediatamente a rafforzare il potere reale. Primo suo obiettivo fu la Kirk, la Chiesa di Scozia, che aveva una manifesta attitudine di indipendenza rispetto alla corona. Secondo suo obiettivo fu l’affrancamento dalla tutela nobiliare, nutrito dal suo profondo credo nel diritto divino e assoluto dei monarchi, che il re manifestò nel 1597 attraverso un’importante opera letteraria, “The True Law of Free Monarchies” ove viene esplicitamente teorizzato l’assolutismo monarchico, seppur temperato dal rispetto per le tradizioni popolari del paese. Infine la sua attività fu volta ad assicurarsi la successione a Elisabetta I, di cui grazie al matrimonio di Margherita Tudor con il suo bisnonno Giacomo IV era l’erede legittimo. Nel 1603, finalmente, alla morte della grande regina, si trasferì da Edimburgo a Londra e divenne Giacomo I, re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda. Da sovrano inglese fu fedele alla religione anglicana anche se manifestò una certa tolleranza per i cattolici, malgrado eventi tragici come la Congiura delle Polveri. Una figlia di Giacomo, Elisabetta, in seguito soprannominata “The Winter Queen”, sposò l’elettore palatino Federico V, capo dei protestanti tedeschi, e con lui ascese brevemente al trono di Boemia, dando inizio alla guerra dei Trent’Anni. Dove si dimostrò un vero Stuart fu tuttavia nell’insofferenza che dimostrò per il Parlamento, che arrivò a sospendere più volte, anticipando quella condotta che sarà poi fatale a suo figlio Carlo.
Con Carlo I (1625-1649) le tematiche politiche e gli atteggiamenti dispotici presenti nel regno del padre vennero enfatizzati e portati alle estreme conseguenze. Due furono le principali linee di conflitto: quella religiosa in cui il re tentò di reprimere il presbiterianesimo scozzese cercando di imporre l’ortodossia anglicana e quella più propriamente politica ove tentò sistematicamente di diminuire le prerogative del Parlamento inglese. A questo si aggiunse il matrimonio del re, con la cattolica Enrichetta Maria di Francia, che diminuì molto la credibilità nella politica religiosa di Carlo nella stessa Inghilterra, soprattutto presso la fazione puritana, particolarmente forte nel Parlamento anche se minoritaria nella nazione. Il conflitto degenerò prima in una vera e propria guerra a carattere eminentemente religioso in Scozia e in Irlanda, poi, a partire dal 1642, in una vera e propria guerra civile, che vide alla fine il sovrano soccombere alle forze parlamentari guidate da Oliver Cromwell, essere catturato e sottoposto a processo per tradimento nei confronti della nazione e infine, primo monarca europeo a patire questa sorte, essere pubblicamente giustiziato a Londra, il 30 gennaio 1649. La moglie e i figli di Carlo sfuggirono a Cromwell e riuscirono a riparare all’estero, ove vissero nei successivi undici anni quando le isole britanniche sperimentarono, per l’unica volta nella loro storia, un regime repubblicano, il Commonwealth. Fu un duro regime puritano che scontentò un po’ tutti e che crollò da solo quando, morto il capace Oliver Cromwell nel 1658, il suo debole successore Richard si dimostrò incapace di tenerlo in piedi. Il generale Monk, con l’accordo del Parlamento, offrì al figlio primogenito di Carlo, omonimo del padre, di ritornare sul trono e questi accettò, accolto trionfalmente a Londra il 29 maggio 1660. Con Carlo II (1660-1685) gli Stuart ebbero forse il loro esponente più intelligente e più brillante, ma viziato probabilmente da una scarsa forza di carattere e da un atteggiamento non sufficientemente impegnato. Probabilmente unico nella sua dinastia fu sovrano estremamente popolare e beneamato, sotto il cui regno il paese esorcizzò il duro regime puritano. Anche lui visse contrasti con il Parlamento, ma in misura molto meno marcata rispetto al padre e al nonno. Anche lui sposò una principessa cattolica, Caterina di Portogallo, e fu visto con sospetto per le sue presunte simpatie papiste. A ciò si aggiunse la politica estera del paese che vide l’Inghilterra impegnata due volte, con poca fortuna, contro le protestanti Province Unite al fianco di Luigi XIV. Gli interessi economici, paradossalmente, spingevano l’Inghilterra protestante all’alleanza con la Francia cattolica. A questa politica di insuccessi si aggiunsero due sfortunati eventi durante il regno, nell’annus terribilis 1666: la Grande Peste e il Grande Incendio di Londra. Carlo rimase anglicano ma si convertì al cattolicesimo sul letto di morte. Non ebbe figli legittimi ma una miriade di figli naturali, cosicchè alla sua morte gli successe il fratello minore Giacomo II (1685-1689), già duca di York, dichiaratamente cattolico. Sotto il breve regno di costui il conflitto con il Parlamento esplose a seguito della volontà del re di abolire le varie proibizioni esistenti contro la religione cattolica e le altre religioni riformate, e soprattutto a seguito del suo secondo matrimonio con la cattolica Maria Beatrice d’Este, figlia del duca di Modena, da cui nacque un figlio maschio a nome Giacomo nel giugno 1688. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. La fede anglicana degli Stuart era sempre stata dubbia, nel caso di Giacomo II si aveva un monarca dichiaratamente cattolico, e la nascita del piccolo principino, che sarebbe stato presumibilmente educato nella religione cattolica, faceva presagire una restaurazione romana, cui il paese era largamente ostile. Influenti membri del Parlamento e della nobiltà invitarono ad assumere il trono la figlia di primo letto di Giacomo, Maria, ed il suo marito, lo Stadtholder olandese Guglielmo III d’Orange. La coppia sbarcò con un piccolo esercito in Inghilterra, Giacomo si perse d’animo e non accennò ad alcuna resistenza e per la seconda volta in un secolo uno Stuart fu deposto: fu la Glorious Revolution, dopo la quale si stabilì nei fatti l’attuale sistema costituzionale inglese, subordinando la monarchia al Parlamento e inibendo per sempre l’accesso al trono ai cattolici. I nuovi sovrani regnarono insieme come Maria II (1689-1694) e Guglielmo III (1689-1702); Maria lasciò la maggior parte delle incombenze al marito, attuando come sovrana di fatto durante le lunghe assenze di Guglielmo impegnato nella guerra contro Luigi XIV. A Guglielmo, nel 1702, successe infine la cognata Anna (1702-1714), ultima sovrana di casa Stuart, con cui nei fatti si verificò la vecchia profezia di Giacomo V. Malgrado una certa mano pesante di Guglielmo nella repressione di rivolte in Irlanda e Scozia e parecchi capricci di Anna con i propri favoriti i due regni furono segnati da sostanziale aderenza ai dettami costituzionali, Inghilterra e Scozia venendo unite nell’unico Regno di Gran Bretagna nel 1707. Alla morte di Anna la successione andò al primo erede non cattolico e questo, attraverso la discendenza dall’elettrice palatina Elisabetta, fu individuato nell’elettore tedesco Giorgio di Hannover che inaugurò a Londra una nuova dinastia.
Gli Stuart tuttavia non svanirono con la Glorious Revolution, tutt’altro. Giacomo II si rifugiò in Francia e con l’appoggiò di Luigi XIV tentò di riacquistare con le armi il trono dall’Irlanda, dove la tradizione cattolica era più forte. Sconfitto da Guglielmo III nella famosa battaglia della Boyne il 1º luglio 1690 abbandonò ignominiosamente il paese guadagnandosi l’infame attributo di “James the Shit”. Visse in Francia da pensionato del Re Sole e a Saint-Germain-en-Laye venne a morte nel 1701. Ma gli Stuart godevano ancora di numerosi sostenitori, i cosiddetti Giacobiti, soprattutto in Scozia, e a loro si rivolse il figlio di Giacomo nel 1715, quando montò una spedizione per riconquistare il regno, confidando nell’ostilità verso la nuova casa di Hannover che già aveva provocato insurrezioni in Scozia e Cornovaglia. Ma anch’egli come il padre si comportò male e tornò frettolosamente in Francia all’avvicinarsi delle forze governative, deludendo i propri sostenitori. Dovette poi abbandonare la Francia, riavvicinatasi all’Inghilterra dopo la morte di Luigi XIV e si trasferì nei territori papali, prima ad Avignone e poi in Italia, stabilendosi infine a Roma ove visse e stabilì la sua piccola corte, vivendo con generose sovvenzioni del papa che continuò a riconoscerlo come legittimo sovrano d’Inghilterra. Un nuovo tentativo giacobita, questa volta con l’appoggio di Filippo V di Spagna, fallì nel 1719. Giacomo, che fu detto “il Vecchio Pretendente” sposò la polacca Teresa Clementina Sobieski da cui ebbe due figli, che furono gli ultimi membri della casa reale degli Stuart. Carlo, il maggiore, fu detto “Bonnie Prince Charlie” e nel 1745 guidò l’ultimo tentativo di restaurazione giacobita sbarcando in Scozia. Un’armata di highlanders, protestanti e cattolici, si strinse attorno a lui e con queste forze Carlo mosse verso sud, arrivando a conquistare Edimburgo. Ma alla fine la reazione inglese ebbe la meglio e la disordinata orda dei clan scozzesi fu massacrata dalle giubbe rosse nella giornata di Culloden, il 16 aprile 1746. Carlo riuscì a sfuggire alla caccia all’uomo avviata dagli inglesi e con una fuga dai tratti avventurosi e romantici riuscì a rientrare sul continente, mentre i suoi sostenitori furono crudelmente perseguiti dagli inglesi. Visse per il resto in Italia, a Roma prima e a Firenze poi, sposandosi già in là con gli anni con una principessa tedesca, Luisa di Stolberg-Gedern, che dopo poco tempo lo abbandonò per nientemeno che il grande Vittorio Alfieri. Non lasciò eredi legittimi. Il fratello di Carlo, invece, Enrico, scelse la carriera ecclesiastica e divenne uno dei più influenti e ricchi cardinali di Santa Romana Chiesa, con il titolo di Ostia e Velletri, anche se comunemente fu sempre indicato come Cardinale Duca di York. Dopo la morte di Carlo, nel 1788, fu riconosciuto dai pochi Giacobiti rimasti come re Enrico IX, ma non fece mai nulla per reclamare il titolo. Avendo perso molti dei benefici ecclesiastici a seguito della Rivoluzione Francese fu ridotto alla fine quasi in povertà e il governo inglese finì per concedergli una pensione. L’ultimo esponente della casata reale degli Stuart morì a Frascati il 13 luglio 1807.
Il titolo giacobita di re d’Inghilterra finì a Vittorio Emanuele I re di Sardegna, discendente diretto della principessa Enrichetta Maria, figlia di Carlo I, ma i Savoia ben si guardarono dal reclamarlo. Gli ultimi Stuart reali sono sepolti in San Pietro. Carlo II e Giacomo II ebbero numerosi figli naturali, alcuni dei quali hanno tuttora discendenti nella nobiltà inglese. Diretta discendente di un figlio di Giacomo II naturalizzatosi in Spagna fu la nota e recentemente mancata Cajetana FitzJames Stuart, 18ª duchessa di Alba.
Per approfondire:
Michel Duchein, Les derniers Stuarts 1660-1807, Prigi, 2006
Allan Massie, The Royal Stuarts: A history of the family that shaped Britain, New York, NY, 2011
John Miller, The Stuarts, Londra, 2006