I.Premessa
Il pellegrinaggio verso un luogo santo poteva essere intrapreso per devozione o per espiazione, per chiedere una grazia.
Non era un semplice viaggio, era un atto compiuto verso una meta cui ci si preparava con cura, con un rituale preciso, seguendo percorsi che, il più delle volte, altri avevano già tracciato. Era un viaggio che poteva essere compiuto per terraferma o per mare; in cui il pericolo poteva giungere da ogni parte e in ogni momento: briganti, ladri, malattie contratte lungo il tragitto non erano chimere, ma realtà. Spesso per fronteggiare questo pericolo i pellegrini si muovevano insieme, in piccoli gruppi, e anche in compagnia di mercanti.
Potevano contare sulla protezione garantita dalla Chiesa, dai signori locali, dalle città stesse. Con il tempo, considerando anche le lunghe distanze da percorrere, lungo le strade sorsero pozzi per dissetare i pellegrini che le percorrevano, oppure qualche buon artigiano poteva provvedere a sistemare le suole delle calzature consumate durante il viaggio.
Sorsero anche ospedali appositi per garantire un po’ di cibo, un bagno ristoratore e, se il caso, una sepoltura per coloro che fossero deceduti durante il viaggio.
Il pellegrino era ben riconoscibile dall’abbigliamento indossato. Un semplice abito, un copricapo per ripararsi dal sole e dalle intemperie; il bordone, il bastone utilizzato per sorreggersi durante il cammino e la scarsella, la piccola borsa contenente quel poco di provvista necessaria per ristorarsi dai morsi della fame.
Oltre all’evidente utilizzo di questi oggetti, destinati al preciso scopo di coprire e sostenere il pellegrino, essi avevano anche un significato simbolico, strettamente legato al contesto del viaggio intrapreso.
Compiuto tanto da uomini quanto da donne; da persone comuni o da persone di rango più elevato, il pellegrinaggio consentiva di conoscere luoghi diversi da quelli abitati, di entrare in contatto con persone di un altro ceto sociale.
In letteratura il tema del pellegrinaggio trovò un cantore in Geoffrey Chaucer (1343-1400) nella sua opera I racconti di Canterbury.
II. Preparativi di viaggio
Solitamente il pellegrinaggio avveniva in determinati periodi dell’anno, in particolare a Natale e a Pasqua, ed era meno frequente durante la stagione calda. Il pellegrino si accingeva a compiere il proprio pellegrinaggio con una predisposizione d’animo adatta: sistemava tutte le incombenze che poteva; definiva anche i propri lasciti in qualche caso; si riappacificava con coloro cui non rivolgeva la parola.
Preso il bastone, sostegno durante il viaggio, si incamminava per la meta prescelta. Il cammino poteva essere fatto seguendo gli itinerari che altri avevano in precedenza percorso, lasciandone poi una traccia in memorie scritte o guide indicanti la via più breve o più semplice, i luoghi di ristoro, oppure qualche altro luogo che poteva essere visitato prima di raggiungere la destinazione. Santiago de Compostela, Roma, la Terrasanta furono le principali mete di pellegrinaggio cui si affiancarono luoghi di culto minori. Guide, diari, testimonianze varie consentono di conoscere la storia dietro questi pellegrinaggi e di poter avere di ritorno le sensazioni che questi luoghi suscitarono nei pellegrini che li visitarono.
Una di queste testimonianze è il Liber Sancti Jacobi, conosciuto anche come Codex Calixtinus, dal nome di papa Callisto II (1060-1124) cui viene, erroneamente, attribuito. Il Codex, costituito da 5 libri di varia natura, narra la vita di San Giacomo Maggiore e i miracoli compiuti, menzionando anche l’impresa di Carlo Magno cui san Giacomo sarebbe apparso in sogno.
III. San Giacomo Maggiore nella Leggenda aurea
San Giacomo Maggiore (Betsaida ?- Gerusalemme 44), figlio di Zebedeo e fratello dell’Apostolo Evangelista Giovanni (Betsaida, ca 1° – Efeso ?) fu uno degli Apostoli di Gesù.
Della vita di San Giacomo si sa poco. Pescatore insieme al padre e al fratello, fu uno dei primi discepoli, protagonista degli eventi più importanti di Gesù, tra i quali la Trasfigurazione. Dopo la morte di Gesù, iniziò a predicare il Vangelo in Spagna per tornare poi a Gerusalemme. Stando a quanto riportato nella Leggenda Aurea, raccolta agiografica composta da Jacopo da Varagine (1230-1298), vengono attribuiti a San Giacomo alcuni fatti miracolosi, compiuti sia in vita sia dopo la morte.
Vi si narra, infatti, che il dotto Ermogene avesse incaricato un proprio discepolo, Fileto, di smascherare San Giacomo Maggiore, ritenendo falsa la dottrina che il Santo stava predicando in Giudea. Ma Fileto, giunto al cospetto dell’Apostolo, rimase persuaso dalle parole e dai miracoli compiuti. Tornato da Ermogene, riferì di approvare la dottrina di san Giacomo e di voler abbracciare la fede cristiana.
Ermogene non si diede per vinto e, per tutta risposta, immobilizzò Fileto usando sortilegi.
Venuto a conoscenza di questa triste sorte, San Giacomo fece recapitare tramite un servo di Fileto il proprio mantello. Toccato il mantello, il povero Fileto fu liberato dai sortilegi di Ermogene e corse da san Giacomo. Ermogene tentò un’ultima prova: ordinò ai demoni di condurgli sia San Giacomo che Fileto. Mai i demoni, messi in catene da un angelo di Dio, si rivolsero a San Giacomo per essere liberati. Il Santo chiese loro di portargli Ermogene che solo allora, convinto dalla parola di San Giacomo, ne divenne discepolo, gettando in mare tutti i libri di magia che possedeva.
La fama di San Giacomo Maggiore cresceva, e con essa le invidie. Tra queste quella del vescovo Abiatar. Questi condusse San Giacomo presso Erode Agrippa, trascinandolo per una corda e chiedendone la morte. Erode Agrippa ordinò che San Giacomo fosse decapitato.
Un altro episodio narrato riguarda la crudele regina Luva. Quando il corpo di San Giacomo fu portato dai suoi discepoli in Galizia, costoro chiesero un luogo dove seppellire il corpo. Ma la regina si accanì contro di loro, sottoponendoli a prove continue, dalle quali i discepoli di San Giacomo Maggiore riuscirono sempre a salvarsi. Anche la regina Luva alla fine si convinse della bontà di San giacomo Maggiore e mutò atteggiamento nei confronti dei discepoli. Non mancano cenni di altri episodi in cui i pellegrini in difficoltà trovavano salvezza per intercessione di San Giacomo.
IV. Il campus stellae
L’origine del nome Compostela deriverebbe dall’insolita scoperta della tomba del Santo.
Nell’813 l’eremita Pelagio sognò un campo irradiato da luci a forma di stella. Qui vi trovò un corpo dalla testa mozzata, chiaro indizio di una decapitazione, sorte cui andò incontro il Santo. Fatto partecipe della scoperta Teodomiro vescovo di Iria Flavia, questi decise di costruirvi un sepolcro adeguato. La tomba di San Giacomo Maggiore nel tempo divenne meta di un pellegrinaggio internazionale che perdura ancora oggi e la cui ricorrenza è il 25 Luglio.
V. San Giacomo Maggiore nell’iconografia
Nelle opere artistiche San Giacomo Maggiore è rappresentato come un pellegrino, con bastone, mantello e la conchiglia, simbolo del pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Sono presenti anche immagini in cui porta un libro in mano, richiamando in tal modo l’attività di predicazione del Vangelo.
Fonti:
Giovanni Cherubini, Pellegrini, pellegrinaggi, giubileo nel Medioevo, Napoli, 2005
Jean Richard, Il santo viaggio, pellegrini e viaggiatori nel Medioevo, Milano, 2003
Jacopo da Varagine, Leggenda aurea
San Giacomo Maggiore, a cura di Sarolli Gian Roberto, in Enciclopedia Treccani
San Giacomo Maggiore, a cura di Iazeola T., in Enciclopedia Treccani