La nave dei folli. Verità o leggenda

1. IL MITO DELLA NAVE DEI FOLLI.

La Nave dei folli è un tema ricorrente nell’iconografia rinascimentale. Si tratta di un battello che vaga allo sbando lungo i fiumi della Renania e i canali fiamminghi con un equipaggio di folli a bordo, senza nocchiero. La leggenda racconta che l’espediente veniva usato per allontanare i malati di mente dalle città medievali quando diventavano troppo numerosi o molesti. Sicuramente l’idea fu mutuata dalle festività carnevalesche, il nome stesso potrebbe derivare da “carrus navalis”, il carro delle processioni costruito, appunto, a forma di barca.

2. IL CARNEVALE

Il Carnevale era il momento dell’inversione dell’ordine costituito, in cui ogni eccesso era lecito, si poteva liberamente parodiare il clero o i potenti mettendoli alla berlina. Le “navi su ruote”, cariche di maschere e di caratteri grotteschi, portavano effettivamente la follia nelle piazze.

In particolare nei paesi germanici diventerà un topos letterario e pittorico che si svilupperà poi in tutta l’Europa Settentrionale.

3. LA “STULTIFERA NAVIS”

Alla radice della nascita della leggenda potrebbe esservi anche la credenza, per quanto vaga, delle origini oltremarine della Peste Nera che fra il 1347 ed il 1352 si portò via un terzo della popolazione europea. Maturarono forse allora dicerie, mezze verità o semplici «sentito dire» presto diventati certezze e quindi paure e dunque ossessioni relative a quella che divenne famosa come la “Stultifera Navis”: la “Nave dei Folli” nelle fonti italiane, “Narrenschiff” in quelle tedesche, “Ship of Fools” per le fonti inglesi.

4. BRANT, FOUCAULT, BOSCH

Nel 1494 a Basilea Sebastian Brant (1458-1521) pubblica “La nave dei folli” (Das Narrenschiff), un’operetta satirica in versi, suddivisa nella prima edizione in 112 capitoli illustrati da altrettante xilografie attribuite Albrecht Dürer (1471-1528). È un’impietosa descrizione delle miserie umane. Ciascun personaggio è l’espressione di una specifica “follia” dell’uomo – la cupidigia, il gioco d’azzardo, la gozzoviglia, l’adulterio, i pettegolezzi, gli studi inutili, l’usura, la lussuria, l’ingratitudine, la bestemmia, eccetera.

Successivamente il filosofo Michel Foucault (1926-1984), nella “Storia della follia nell’età classica”, sostiene la possibilità che la nave dei folli possa basarsi su fatti reali, poiché alcuni dell’antichità e del Medioevo accennano a delle navi con il “carico insensato”.

Anche il grande pittore Hieronymus Bosch (1453-1516) realizzò un dipinto chiamato “La nave dei folli”.

5. LA METAFORA

La storia è evidentemente una creazione letteraria, ispirata in parte al ciclo degli Argonauti, e trova fondamento sul concetto stesso di pazzia e della risposta della società e del trattamento che automaticamente doveva applicarsi a essa. L’allegoria è chiara: l’instabilità, la precarietà e l’insensatezza della condizione umana. I pazzi infatti venivano rappresentati spesso con la bocca aperta a significare: «aprono bocca e tirano fiato».

La metafora del mito è che coloro che non rientrano negli schemi della ragione collettiva devono restare in balia del mare. Sono destinati a una vita errante, senza patria, senza terra ferma, fatta di niente se non di un interminabile girovagare senza requie.

A quanto pare, da sempre alle società è risultata intollerabile la presenza di qualcuno che fa un discorso che si allontana dalla ragione predominante, poiché viene considerato come una minaccia.

6. FONTI

Sebastian Brant, “La nave dei folli

Michel Foucault, “Storia della follia nell’età classica

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