Il 15 Giugno, nell’anniversario della morte a Nimega, in Gheldria, all’età di trentatré anni, si ricorda l’imperatrice Teofano (958-991), vedova dell’imperatore Ottone II di Sassonia (955-983), madre dell’imperatore undicenne Ottone III (980-1002) e reggente del Sacro Romano Impero.
I. LE ORIGINI
Teofano era nipote dell’imperatore Giovanni I Zimisce (924-976), in quanto figlia di suo cognato Costantino Sclero (920-989). Era altresì pronipote del precedente imperatore Niceforo II Foca (912-969), poiché la madre era figlia del di lui fratello.
II. IMPERATRICE CONSORTE
Teofano aveva sposato all’età di quattordici anni il futuro Ottone II, all’epoca diciassettenne. Queste nozze rientravano nella politica di “renovatio imperii” di Ottone I il Grande (912-973), che mirava — se non all’unificazione con Costantinopoli — quantomeno a riunificare la Penisola Italiana sotto la propria corona.
Per la principessa greca, integrarsi nella corte tedesca non era stato facile. Era malvista l’abitudine di vestire con colori poco sobri, di truccarsi e persino di utilizzare le forchette per mangiare. Ella era comunque riuscita a introdurre a corte la cultura greca, portando seco da Costantinopoli chierici, letterati artisti.
Si ritiene che sia stata lei a portare in Italia e in Germania il culto di san Nicola di Mira (270-337): la Nikolauskapelle (Cappella di San Nicola) di Nimega fu edificata proprio in quel periodo, forse su sua indicazione oppure, in sua memoria, dal figlio Ottone III.
Durante il regno di Ottone II, Teofano gli era sempre stata accanto, mostrando una presenza forte, facendosi primo consigliere del marito e stringendo rapporti personali con molti esponenti del governo, soprattutto in Italia, dove il suo riferimento era il Vescovo di Piacenza Giovanni Filagato (945-1001), un greco di Rossano, già suo cappellano personale, che lei stessa aveva voluto fosse eletto alla cattedra piacentina e poi nominato arcicancelliere per l’Italia nel 980.
III. DISPUTA PER LA REGGENZA
Forse colpito da malaria, Ottone II era morto improvvisamente a Roma nel Dicembre del 983, dopo undici anni di matrimonio, con l’erede Ottone III ancora fanciulletto. In quel momento, il potere imperiale era già risultato indebolito dalla disfatta subita in Calabria nell’Estate del 982 contro gli Arabi di Sicilia.
Per ottenere la reggenza, Teofano aveva dovuto affrontare la ribellione di Enrico il Litigioso (951-995), Duca di Baviera, che aveva addirittura rapito l’imperatore fanciullo. Quando però nobiltà e clero di Germania si erano schierati — compatti e indignati — in favore dell’imperatrice Teofano, il duca ribelle non solo aveva restituito il piccolo Ottone III e rinunciato alla reggenza, ma aveva addirittura faticato per non vedersi revocato il Ducato di Baviera.
IV. L’IMPERATRICE
Teofano quindi aveva retto l’impero per conto del figliuolo per oltre sei anni, prima della prematura scomparsa. In quel periodo, il suo governo ponderato era stato mirato a garantire il potere per il figlio. In un documento del 1º Aprile del 990 si era firmata come “Imperator“, al maschile, forse ispirandosi all’imperatrice Irene l’Ateniana (752-803).
In Germania, il suo principale consigliere era l’arcivescovo Villigiso di Magonza (940-1011), arcicancelliere per il regno tedesco e plenipotenziario durante il viaggio in Italia del 990.
Il 15 Giugno del 991, mentre si trovava a Nimega, in Gheldria, Teofano morì improvvisamente, a causa di un male rapido e fatale.
V. LA SUCCESSIONE
Alla sua morte, il figlio aveva circa undici anni, sicché la reggenza passò alla suocera, nonna di Ottone III: santa Adelaide di Borgogna (926-999), vedova di Ottone I il Grande, che con la nuora non aveva avuto un rapporto facile, benché le fosse stata assegnata la reggenza sull’Italia.
VI. LE FONTI PRIMARIE
Tre le fonti primarie che trattano la vita di Ottone II e Teofano, la più importante è il “Chronicon” del vescovo Tietmaro di Merseburgo (975-1018). Si menzionano altresì la “Antadoposis” del vescovo Liutprando di Cremona (920-972/973), la “Vita Sancti Adalberti” di san Bruno di Querfurt (974-1009), il “Liber gestorum recentium” di Arnolfo di Milano (1030-1080) e gli “Historiarum libri quinque” di Rodolfo il Glabro (985-1047).
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