L’11 Novembre, nell’anniversario della morte a Firenze, si ricorda il condottiero fiorentino Manente degli Uberti, detto Farinata (†1264).
I. LE ORIGINI
Nato da messer Iacopo di Schiatta e da una tale Ravenna di famiglia ignota, Manente degli Uberti era detto Farinata per via della chioma bionda. Aveva sposato una tale Adeleta, ma non è noto se fosse stata l’unica moglie. Aveva avuto otto figli, di cui cinque maschi e tre femmine.
II. GUELFI E GHIBELLINI
Come riporta la “Cronica fiorentina“, il padre di Farinata, Iacopo di Schiatta, era stato autore, insieme a Odarrigo Fifanti, dell’omicidio di Buondelmonte dei Buondelmonti tradizionalmente ritenuto causa della divisione tra guelfi e ghibellini fiorentini. I capifazione ghibellini erano poi caduti in un attentato ordito dai guelfi a Campi Bisenzio, cui il giovane Manente era invece scampato. Negli anni successivi era asceso lui stesso ai vertici del governo cittadino, allorché in Italia l’imperatore Federico II di Svevia (1194-1250) dominava la scena e dal 1245 aveva nominato il proprio bastardo Federico d’Antiochia (1220-1256) vicario generale imperiale in Toscana.
III. IL CAMBIO DI REGIME
Nel 1250, anno della morte di Federico II, Farinata aveva convinto la città a seguire Federico d’Antiochia in una campagna contro i guelfi nell’Aretino, ma il fallimento della spedizione aveva provocato un rovesciamento del governo ghibellino. L’ascesa di un governo popolare aveva mantenuto sostanzialmente in equilibrio per anni i rapporti di potere tra guelfi e ghibellini, anche dopo la morte dell’ultimo imperatore della casa di Svevia, Corrado IV (1228-1254). In seguito, con l’ascesa di Manfredi di Svevia (1232-1266) al trono di Sicilia (1258), i ghibellini fiorentini avevano cercato di organizzare un colpo di mano, ma — scoperti nel tentativo di introdurre in città uomini armati — erano dovuti fuggire.
IV. IL CONDOTTIERO
Da esule ghibellino, Farinata aveva organizzato gli alleati per combattere i guelfi di Firenze. Manfredi gli aveva inviato dapprima cento cavalieri, che tuttavia erano stati sorpresi e annientati dalle forze nemiche.
Con il supporto di altri ottocento cavalieri inviati dallo stesso Manfredi, Farinata era stato infine, nel 1260, tra gli artefici della grande vittoria di Montaperti contro i guelfi della sua stessa città. Dopo la battaglia, i comandanti ghibellini di Pisa e Siena, riuniti a Empoli, volevano radere al suolo Firenze, ma Farinata si era fieramente opposto ai loro propositi, così salvando la città.
V. GLI ULTIMI ANNI E LA MORTE
Tornato ai vertici del comune di Firenze, negli anni seguenti Farinata non aveva potuto evitare la scomunica comminatagli nel 1261 da papa Urbano IV, al secolo Jacques Pantaléon (1195-1264), per l’eventualità che non avesse interrotto i rapporti con re Manfredi, che egli infatti non aveva interrotto. Morì l’11 Novembre del 1264, ma avrebbe subito ancora post mortem sia una seconda scomunica (1265) comminata da papa Clemente IV, nato Gui Foucois o Guy Le Gros Foulquois o Foulques, italianizzato in Guido il Grosso Fulcodi (1190-1268), sia un processo per eresia (1283), che avrebbe portato alla confisca di tutti i cespiti del suo asse ereditario, sottratti quindi ai patrimoni dei discendenti in vita, per l’accusa di essere un “epicureo“, vale a dire di non credere all’immortalità dell’anima.
VI. LA MEMORIA DI DANTE
Così avrebbe scritto in sua memoria il Sommo Poeta, Dante Alighieri (1265-1321), nella Commedia:
«Ed el mi disse: Volgiti! che fai?
Vedi là Farinata che s’è dritto
da la cintola in sú tutto ‘l vedrai
Io avea già il mio viso nel suo fitto;
ed el s’ergea col petto e con la fronte
com’avesse l’inferno a gran dispitto.»
(Inferno, Canto X, vv. 31-36)
E riguardo alla difesa di Firenze dalla distruzione:
«Ond’io a lui: “Lo strazio e ’l grande scempio
che fece l’Arbia colorata in rosso,
tal orazion fa far nel nostro tempio”.
Poi ch’ebbe sospirando il capo mosso,
“A ciò non fu’ io sol”, disse, “né certo
sanza cagion con li altri sarei mosso.
Ma fu’ io solo, là dove sofferto
fu per ciascun di tòrre via Fiorenza,
colui che la difesi a viso aperto”.»
(Inferno, Canto X, vv. 85-93)
VII. LE FONTI PRIMARIE
Tra le principali fonti primarie sulla figura di Farinata, si menzionano la “Nuova Cronica” di Giovanni Villani (1276-1348), la “Cronica fiorentina” dello Pseudo-Brunetto e la “Cronaca fiorentina” di Baldassarre Bonaiuti, detto Marchionne di Coppo Stefani (1336-1385), oltre alla citata “Commedia” di Dante Alighieri.
VIII. BIBLIOGRAFIA
— AA.VV., “Dizionario Biografico degli Italiani”, Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, 1960-2020:
– Vieri Mazzoni (n. 1968), voce “Uberti, Manente, detto Farinata”, nel Vol. 97 (2020).
— AA.VV., “Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti”, Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani degli Alfieri (1877-1961), 1929-1937:
– Bernardino Barbadoro (1889-1961), voce “Monteaperti”, nel Vol. 23 (1934).
— AA.VV., “Encyclopaedia Britannica”, Encyclopaedia Britannica Inc., voce “Farinata degli Uberti – Italian noble”.
— AA.VV., “Storia del mondo medievale”, Cambridge University Press, 1929-1936, Garzanti, 1981, Volume VI (Declino dell’Impero e del Papato e sviluppo degli Stati nazionali):
– Edward Armstrong (1846-1928), “VI. L’Italia al tempo di Dante”.
— Umberto Bosco (1900-1987), a cura di –, “Enciclopedia Dantesca”, Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondato da Giovanni Treccani, 1970-1978:
– Mario Sansone (1900-1996), voce “Farinata degli Uberti”, nel Vol. 2 (1970).